yunan, the Red Comet
2007-05-26 05:40:55 UTC
Anno C
Gv 14,15-16.23-26
27 maggio 2007
La grande festa della Pentecoste costituisce la pienezza dell'evento
pasquale: Gesù Risorto, asceso al cielo e partecipe della signoria di Dio,
compie la promessa fatta ai suoi discepoli di inviare loro lo Spirito santo.
Ed è proprio nella potenza dello Spirito che la comunità cristiana può
testimoniare Cristo in mezzo a tutti gli uomini, "nelle loro rispettive
lingue" (cf. At 2,4.8.11).
Se per il popolo di Israele Pentecoste era la festa memoriale del dono della
Legge al Sinai, la festa dell'alleanza, per la comunità di Gesù il dono
dello Spirito è celebrazione dell'alleanza nuova, ultima, definitiva. Gesù
non ha lasciato "orfana" (cf. Gv 14,18) la sua comunità, né con l'ascensione
al cielo è avvenuta una separazione tale da mettere fine alla sua azione nel
mondo. La comunità dei credenti, infatti, condivide con lui la stessa vita,
lo stesso Spirito, e questo la abilita a proseguire la sua azione nella
storia: annunciare la buona notizia del Vangelo, compiere il bene,
adoperarsi per far arretrare il dominio di Satana. Come Gesù fu riempito
della potenza dello Spirito santo e così abilitato alla missione (cf. At
10,38), altrettanto accade alla sua chiesa, a partire dal giorno della
Pentecoste...
Nel brano evangelico odierno meditiamo su questa realtà ascoltando la
promessa dello Spirito santo fatta da Gesù ai discepoli durante i cosiddetti
"discorsi di addio", quelli in cui come Signore vivente e glorioso parla
ancora oggi a noi. Gesù lega strettamente tale promessa all'amore: "se mi
amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà
un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre". Il cristiano è tale
solo nella misura in cui ama il Signore Gesù Cristo "con tutto il cuore, la
mente e le forze" (cf. Dt 6,5; Mc 12,30 e par.), lo ama più delle persone a
lui care (cf. Mt 10,37), lo ama più della sua stessa vita (cf. Mt 10,39). È
proprio vivendo in questo amore che egli può fare esperienza dello Spirito
santo, Spirito Consolatore, Paraclito, "chiamato accanto", che attualizza la
presenza di Gesù - il primo Consolatore dei suoi discepoli (cf. 1Gv 2,1) - e
lo soccorre nella fatica quotidiana della perseveranza; Spirito di verità,
che lo "guida alla verità tutta intera" (Gv 16,13): e per il cristiano la
verità non è una nozione astratta, ma una persona, Gesù Cristo (cf. Gv
14,6)!
Dopo aver nuovamente insistito sull'amore per lui e per la sua parola come
possibilità per il credente di accogliere in sé l'amore del Padre e di
divenire sua dimora, Gesù sigilla la sua promessa con una rivelazione
decisiva: "il Consolatore, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio
Nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto". Ovvero: lo Spirito santo, oggi, guida i discepoli a capire e ad
assumere in profondità quelle realtà che, mentre Gesù era fisicamente con
loro, non erano in grado di accogliere. Ci sono tempi diversi nella
comprensione della persona di Gesù Cristo e del mistero della salvezza; ci
sono gesti e parole di Gesù non immediatamente compresi dai discepoli, così
come c'è un non-detto di cui sarà lo Spirito santo a farsi interprete, lui
che "non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e annuncerà le cose
future" (Gv 16,13). Sì, nel cuore dei credenti lo Spirito agisce rendendo
presente tutta la vita di Cristo, in quanto ascoltatore assiduo del Figlio:
egli è memoria totale della persona di Cristo, e così illumina il nostro
agire quotidiano, fino al giorno della Venuta del Signore nella gloria.
Si comprende allora perché Gesù abbia affermato: "Quando verrà il
Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede
dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete
testimonianza" (Gv 15,26-27). Noi cristiani siamo i testimoni di Gesù Cristo
tra gli uomini (cf. Lc 24,48; At 1,8), siamo il suo corpo nel mondo: questa
la nostra responsabilità, ma questa anche la nostra gioia profonda, che
niente e nessuno ci potrà mai rapire (cf. Gv 16,23). Sì, perché come
cristiani viviamo di amore e nell'amore: amiamo lui, Gesù Cristo, e lui ama
noi. Noi e Cristo viviamo insieme!
Enzo Bianchi
Gv 14,15-16.23-26
27 maggio 2007
La grande festa della Pentecoste costituisce la pienezza dell'evento
pasquale: Gesù Risorto, asceso al cielo e partecipe della signoria di Dio,
compie la promessa fatta ai suoi discepoli di inviare loro lo Spirito santo.
Ed è proprio nella potenza dello Spirito che la comunità cristiana può
testimoniare Cristo in mezzo a tutti gli uomini, "nelle loro rispettive
lingue" (cf. At 2,4.8.11).
Se per il popolo di Israele Pentecoste era la festa memoriale del dono della
Legge al Sinai, la festa dell'alleanza, per la comunità di Gesù il dono
dello Spirito è celebrazione dell'alleanza nuova, ultima, definitiva. Gesù
non ha lasciato "orfana" (cf. Gv 14,18) la sua comunità, né con l'ascensione
al cielo è avvenuta una separazione tale da mettere fine alla sua azione nel
mondo. La comunità dei credenti, infatti, condivide con lui la stessa vita,
lo stesso Spirito, e questo la abilita a proseguire la sua azione nella
storia: annunciare la buona notizia del Vangelo, compiere il bene,
adoperarsi per far arretrare il dominio di Satana. Come Gesù fu riempito
della potenza dello Spirito santo e così abilitato alla missione (cf. At
10,38), altrettanto accade alla sua chiesa, a partire dal giorno della
Pentecoste...
Nel brano evangelico odierno meditiamo su questa realtà ascoltando la
promessa dello Spirito santo fatta da Gesù ai discepoli durante i cosiddetti
"discorsi di addio", quelli in cui come Signore vivente e glorioso parla
ancora oggi a noi. Gesù lega strettamente tale promessa all'amore: "se mi
amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà
un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre". Il cristiano è tale
solo nella misura in cui ama il Signore Gesù Cristo "con tutto il cuore, la
mente e le forze" (cf. Dt 6,5; Mc 12,30 e par.), lo ama più delle persone a
lui care (cf. Mt 10,37), lo ama più della sua stessa vita (cf. Mt 10,39). È
proprio vivendo in questo amore che egli può fare esperienza dello Spirito
santo, Spirito Consolatore, Paraclito, "chiamato accanto", che attualizza la
presenza di Gesù - il primo Consolatore dei suoi discepoli (cf. 1Gv 2,1) - e
lo soccorre nella fatica quotidiana della perseveranza; Spirito di verità,
che lo "guida alla verità tutta intera" (Gv 16,13): e per il cristiano la
verità non è una nozione astratta, ma una persona, Gesù Cristo (cf. Gv
14,6)!
Dopo aver nuovamente insistito sull'amore per lui e per la sua parola come
possibilità per il credente di accogliere in sé l'amore del Padre e di
divenire sua dimora, Gesù sigilla la sua promessa con una rivelazione
decisiva: "il Consolatore, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio
Nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto". Ovvero: lo Spirito santo, oggi, guida i discepoli a capire e ad
assumere in profondità quelle realtà che, mentre Gesù era fisicamente con
loro, non erano in grado di accogliere. Ci sono tempi diversi nella
comprensione della persona di Gesù Cristo e del mistero della salvezza; ci
sono gesti e parole di Gesù non immediatamente compresi dai discepoli, così
come c'è un non-detto di cui sarà lo Spirito santo a farsi interprete, lui
che "non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e annuncerà le cose
future" (Gv 16,13). Sì, nel cuore dei credenti lo Spirito agisce rendendo
presente tutta la vita di Cristo, in quanto ascoltatore assiduo del Figlio:
egli è memoria totale della persona di Cristo, e così illumina il nostro
agire quotidiano, fino al giorno della Venuta del Signore nella gloria.
Si comprende allora perché Gesù abbia affermato: "Quando verrà il
Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede
dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete
testimonianza" (Gv 15,26-27). Noi cristiani siamo i testimoni di Gesù Cristo
tra gli uomini (cf. Lc 24,48; At 1,8), siamo il suo corpo nel mondo: questa
la nostra responsabilità, ma questa anche la nostra gioia profonda, che
niente e nessuno ci potrà mai rapire (cf. Gv 16,23). Sì, perché come
cristiani viviamo di amore e nell'amore: amiamo lui, Gesù Cristo, e lui ama
noi. Noi e Cristo viviamo insieme!
Enzo Bianchi